La dieta mediterranea
La dieta mediterranea, che per la verità non è esclusivamente legata al territorio italiano, è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni paesi del bacino mediterraneo (tra cui per l’appunto l’Italia, ma anche Grecia, Spagna, Marocco, Portogallo, Cipro e Croazia) nato negli anni ’50 dello scorso secolo.
Data la grande varietà delle abitudini gastronomiche dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo e le loro variazioni nel corso della storia, si è ritenuto di dover riservare il termine “Alimentazione Mediterranea“, in senso stretto, alle abitudini alimentari associate a esiti più salutari in alcune località dell’isola di Creta e dell’Italia meridionale, quelle cioè studiate da Ancel Keys, biologo e fisiologo statunitense che circa 60 anni fa era alla ricerca della correlazione tra malattie cardiovascolari e alimentazione.
La tradizione culinaria in Italia
In Italia siamo molto orgogliosi della nostra tradizione culinaria. Spesso si sente dire che siamo il paese dove si mangia meglio, oltre che in modo sano.
Esportiamo in tutto il mondo molti prodotti tipici, tra cui eccellenze come l’olio d’oliva e il parmigiano reggiano.
All’estero però veniamo anche catalogati solo come produttori di pasta, in quanto alcuni dei nostri piatti tradizionali mantengono il proprio nome italiano anche fuori dai confini: l’esempio lampante sono ad esempio le lasagne.
Ma allora, obiettivamente, dobbiamo essere fieri o no di quello che mangiamo?
Uno dei termini comuni che lega l’isola greca al sud della nostra penisola è la massiccia produzione di ottimo olio extravergine di oliva, il quale rappresenta uno dei maggiori apporti di grassi delle nostre comunità.
E’ interessante (oltre che motivo di orgoglio) sapere che nel 2010, l’Unesco ha deciso di introdurre questo tipo di alimentazione all’interno della lista dei patrimoni dell’umanità, per preservare la sua autenticità e far sì che non la si dimentichi con il passare del tempo.
Com’è nata l’intuizione che alcune malattie potessero essere legate all’alimentazione umana e che evoluzione c’è stata nella dieta mediterranea dal 1950 fino ad oggi?
Ad esempio il primo a vedere una correlazione tra salute e ciò che mangiamo fu un medico olandese, Cornelis De Langen, che nel secondo ventennio del 1900 visse in Indonesia e in Cina e attribuì il basso valore del colesterolo e la minor incidenza dell’infarto miocardico nelle società orientali, alle loro abitudini alimentari vegetariane.
Haqvin Malmros, uno studioso svedese, mise in relazione la bassa mortalità per infarto in Svezia nel periodo della seconda guerra mondiale con le ristrettezze economiche ed alimentari di quel periodo.
Il primo scritto legato al cibo mediterraneo uscì nel 1950, pubblicato da Elizabeth David, autrice inglese di articoli gastronomici, che negli anni trenta viaggiò col marito su un piccolo yacht in Italia, visse a Marsiglia, in Corsica, in Grecia e in Sicilia.
Una volta tornata in Inghilterra raccolse le sue esperienze culinarie nel libro “A Book of Mediterranean Food“, il quale servì a far conoscere oltremanica piatti come la paella, la ratatouille e la pasta con la passata di pomodori.
Il primo a studiare in maniera sistematica l’alimentazione dei popoli mediterranei fu però proprio Ancel Keys. Nei suoi scritti racconta come in una situazione di severa difficoltà economica, di limitazione delle risorse a causa della Seconda guerra mondiale ed un basso livello di tecnologia, fosse favorito uno stile di vita fisicamente attivo e frugale, con una predominanza di prodotti vegetali e scarsità di prodotti di origine animale nella dieta dei popoli esaminati.
Ancel Kies si stabilì durante gli ultimi anni della sua vita in Italia, a Pioppi, un villaggio di pescatori del comune di Pollica, dove acquistò una casa e dove morì poco prima di compiere 101 anni (segno evidente della veridicità della bontà dei prodotti e della dieta mediterranea?).
Il progetto più ambizioso ed originale dell’intera vita di Ancel Keys è sicuramente lo studio epidemiologico effettuato dal biologo statunitense su varie popolazioni nel mondo e seguite per molti anni. Il rinomato “Seven Country Study“, divenne, negli anni seguenti alla sua uscita, leggendario nel campo della medicina e della pubblicistica divulgativa.
L’indagine fu condotta su 16 gruppi di uomini di età tra 40 e 59 anni in sette Paesi. Un gruppo venne arruolato negli Stati Uniti, due in Finlandia, una in Olanda, uno in Croazie e un altro in Serbia, due in Grecia (nelle isole di Corfù e Creta), due in Giappone e tre in Italia (in tre comuni rurali del nord, centro e sud, Crevalcore in provincia di Bologna, Montegiorgio in provincia di Fermo nelle Marche e Nicotera in provincia di Vibo Valentia), per un totale di oltre 12.000 individui.
Lo scopo era di confrontare popolazioni con tradizioni alimentari, stili di vita e incidenza di malattie cardiovascolari molto lontane tra loro.
Da sottolineare per quanto riguarda i nutrienti, Keys rilevò un elevato consumo di grassi saturi nelle popolazioni del Nord-America e del Nord-Europa, e un consumo molto più basso nel sud Europa, specie nelle aree Mediterranee ed in Giappone. Per quanto riguarda gli alimenti tipici, questi variavano di luogo in luogo: ad esempio in Finlandia e Olanda gli alimenti prevalenti erano latte, patate, grassi animali e dolci; negli Stati Uniti erano elevati i consumi di carne, frutta e dolci; in Italia erano alti i consumi di cereali (pane, pasta) e di vino; nell’ex Yugoslavia i consumi di pane, con molti vegetali e pesce; in Grecia prevalevano i consumi di olio di oliva e frutta; in Giappone quelli di pesce, riso e prodotti derivati dalla soia.
Questi sono poi gli alimenti che comunemente vengono consumati tutt’ora nelle nazioni descritte, e che fanno parte del bagaglio culturale e storico di ogni paese.
Tra i risultati dello studio venne dimostrato che il consumo di grassi saturi era fortemente correlato con le malattie delle coronarie, mentre la relazione inversa era evidente nei casi di alimentazione prevalentemente a base di pesce e verdura.
Nel 1990 arrivò la conferma finale della bontà del lavoro di Keys, grazie a un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La piramide alimentare
Ciò che di più importante deriva dal Seven Country Study, riguarda sicuramente l’approccio che si ha oggi alla dieta mediterranea. Il famoso schema dietologico chiamato “Piramide della Dieta Mediterranea per l’adulto” è un’illustrazione che tutti, in Italia, abbiamo visto almeno una volta nella vita.
Si tratta per l’appunto di una piramide, la cui base è composta dagli alimenti che bisognerebbe consumare giornalmente.
Risalendo fino alla punta, si trovano man mano gli alimenti di cui bisognerebbe cibarsi quotidianamente, ma con maggior moderazione, poi gli alimenti da consumare settimanalmente e infine, nel vertice alto della piramide, i cibi da mangiare un tot di volte al mese.
Più nel dettaglio la piramide si sviluppa in questo modo:
- Base: attività fisica giornaliera e consumo d’acqua pari ad almeno 6 bicchieri al giorno. Questi non sono veri e propri alimenti, ma essendo alla base della piramide, costituiscono una parte fondamentale del vivere bene ed essere in forma.
- Consumo quotidiano: cereali non raffinati (pane di grano integrale, pasta di grano integrale, riso bruno ecc.); frutta; vegetali (incluse verdure selvatiche); olio di oliva come principale grasso aggiunto; latte e prodotti del latte; vino con moderazione, preferibilmente rosso e durante il pasto; sostituzione del sale per il condimento con spezie (es. origano, basilico, timo ecc).
- Consumo settimanale: pesce: 5-6 porzioni; pollame: 4 porzioni; olive, legumi, noci: 3-4 porzioni; patate: 3 porzioni; uova: 3 porzioni; dolci: 3 porzioni.
- Consumo mensile: carni rosse: 4 porzioni.
Questa dieta prevede un’ampia variabilità di cibi e permette di evitare carenze nutrizionali. Inoltre per quanto riguarda le porzioni, sono specificate esattamente le quantità da assumere, ad esempio una porzione di patate equivale a 100 grammi di questo tubero.
Gli effetti positivi di questa dieta, secondo chi l’ha seguita e chi continua a farlo, sono innumerevoli: alcuni studi confermano che migliora la memoria e riduce i rischi di malattie come l’Alzheimer, può aiutare a prevenire ictus e infarti, come già detto è un alleato importante contro i disturbi cardiovascolari e gli squilibri metabolici.
Inoltre è assodato che questa tipologia di alimentazione aiuti il corretto funzionamento dei reni.
Ma per quanto riguardo la longevità, può essere considerato un elisir di lunga vita? Secondo un nuovo studio della Columbia University Medical School, la dieta mediterranea sarebbe in grado di proteggere il nostro organismo dallo stress ossidativo e di aiutarci a vivere più a lungo e in salute.
Ora i ricercatori stanno cercando di comprendere quali sono gli alimenti tipici della dieta mediterranea in grado di regalare al nostro organismo degli effetti così positivi e importanti.
Gli errori nel tempo della dieta
D’altra parte però, l’evoluzione nel tempo di questa dieta ha portato con se anche alcuni errori non trascurabili e che sono contrari ai principi dell’alimentazione mediterranea, come: l’eccesso di pasta industriale, pane bianco e farine raffinate; il maggior consumo di carne, sia rossa che bianca, e altre proteine animali; la scarsa attenzione ad oli e condimenti; dimenticare la stagionalità dei prodotti, per cui se siamo in inverno bisogna consumare i prodotti tipici di quella stagione e non andare alla ricerca di meloni e angurie; esagerare con zucchero raffinato e dolci.
Insomma, come illustrato abbiamo la fortuna di vivere in un territorio che produce degli alimenti di buona qualità e abbiamo una cultura in grado di farci comprendere come e quanto utilizzarli per mangiare bene e di conseguenza stare meglio.
Ora sta ad ognuno di noi rendersi conto di questo privilegio e non buttare questi consigli alle ortiche.
Anzi, le ortiche sono un vegetale selvatico importante per la dieta mediterranea, quindi se volete siete liberi di farlo, ma poi almeno tornate a prenderli!
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