La crescita economica e lo sviluppo sono stati una costante dagli anni cinquanta fino al crack del 2007, che ha portato alla crisi del settore immobiliare prima, poi a una recessione mondiale e ad una crisi economica. Questo periodo negativo per l’economia mondiale non l’ha fermata. Ora i paesi sono in ripresa e c’è spazio per un successivo sviluppo economico.

Questa crescita ha avuto grossi impatti sia sull’ambiente che sulla società. L’ambiente, è stato dimostrato, ha subito negativamente questi forti impatti ed ha sofferto le conseguenze di un progresso tecnologico che non ha cercato di salvaguardarlo.

Le responsabilità gravano sui sistemi di governo e sulla comunità scientifica, che non hanno saputo analizzare in maniera critica i possibili impatti di quello sviluppo, e non hanno saputo salvaguardare la salute della Terra.

Economia e tecnologia sono cresciute insieme, ed influenzandosi in maniera da rendere indispensabile la crescita di uno per l’altro: senza la tecnologia non avremmo avuto la globalizzazione ed internet, e senza di essi l’economia non avrebbe avuto nuovi mercati e le economie di scala, ma ora l’avanzamento tecnologico richiede investimenti sempre più onerosi, che senza la crescita economica sarebbero stati impensabili.

Ora che stiamo uscendo dalla crisi si prevede un nuovo boom economico e una nuova primavera per lo sviluppo.

Possiamo dunque evitare di ripetere gli errori avvenuti nel passato, assicurandoci che l’ambiente non paghi le conseguenze della crescita? Come fare?

Questo concetto è espresso come “sviluppo sostenibile” che è stato definito per la prima volta dalla commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo nel 1987 all’interno di un rapporto che prende il nome dell’allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland.

In questo rapporto è anche sottolineata la tutela dei bisogni di tutti gli individui, in un’ottica di legittimità universale ad aspirare a migliori condizioni di vita; così come viene sottolineata la necessità e l’importanza di una maggiore partecipazione dei cittadini, per attuare un processo effettivamente democratico che contribuisca alle scelte a livello internazionale.

Dunque la mira delle nazioni dovrebbe essere rivolta allo sviluppo dell’umanità, ma in modo sostenibile, ossia continuo e duraturo, reso coerente dunque compatibile con l’evoluzione dell’ambiente e con gli sviluppi socio-economici e culturali.

Per il benessere bisogna dunque tendere a un equilibrio tra economia, società e ambiente, sia a livello di tempo che a livello di spazio: tempo nell’ottica che lo sfruttamento di risorse odierno non comprometta la disponibilità delle stesse per le generazioni future; e spazio in una visione spaziale dell’accesso dei diversi popoli del pianeta alle risorse necessarie al loro sostentamento e al loro sviluppo, con un equo trattamento delle popolazioni tra di loro.

Lo sviluppo sostenibile si suddivide in tre importanti rami:

  1. Sostenibilità economica: che prevede una crescita forte e duratura, stabile dal punto di vista finanziario, con una bassa inflazione e capacità economiche per investire ed innovare;
  2. Sostenibilità ambientale: che è rivolta a mantenere l’integrità, la produttività e la capacità di recupero dei sistemi biologici e fisici;
  3. Sostenibilità sociale che è volta a enfatizzare l’importanza di: occupazione, reti di sicurezza (adattabili alle variazioni demografiche e strutturali), equità e partecipazione democratica nelle decisioni;

Lo sviluppo sostenibile è tutto questo, e coadiuva i legami tra questi tre aspetti, con l’obiettivo di trovare un possibile punto di equilibrio “mobile” (non una condizione definitiva ma semplicemente mantenibile nel tempo), adottando compromessi e sfruttando la tecnologia.
Quest’ultima gioca un ruolo primario nello sviluppo e nella crescita com’è sempre stato. Ma come può sposarsi con la sostenibilità?

Chiaramente un elemento imprescindibile per lo sviluppo tecnologico sostenibile è l’etica. Questa materia impalpabile, che per tecnologi, ingegneri e tecnici è di difficile comprensione, in quanto propensi ad attività pratiche, deve essere per loro fondamentale. Se ogni persona si chiedesse, prima di sviluppare una tecnologia, i possibili impatti che essa possa avere e si mettesse in discussione, secondo i principi etici e morali che la governano, avremmo uno sviluppo sicuramente più etico, e più propenso alla sostenibilità.

Chiaramente il passaggio che si interpone tra scoperta e conoscenza scientifica ed innovazione o realizzazione tecnologica pone un quesito intellettuale etico e morale. Così come nel passaggio dalla scoperta dell’energia atomica alla creazione della bomba, i tecnici e gli operatori si sono posti dei dubbi e hanno necessariamente messo in discussione i loro principi morali; si dovrebbe fare lo stesso con ogni implementazione tecnologica: è morale? È etica? È sostenibile? È corretto non fornirla al mondo e approfittarne economicamente?

A tutti questi quesiti ogni operatore del settore deve trovare risposta, ma anche ogni cittadino e ogni utente nel momento in cui sceglie un prodotto e sceglie di creare una domanda per esso. Le leggi economiche sono fortemente legate alle scelte economiche e la domanda per prodotti più etici, più sostenibili e più morali può davvero fare la differenza.

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