Il latte biologico è un prodotto particolare, che si differenzia rispetto al latte industriale tradizionale, in base alla certificazione della filiera del latte.
Per essere certificato biologico il latte deve essere prodotto con la mungitura di mucche che si nutrano esclusivamente di mangimi biologici e soprattutto senza ogm.
Il latte biologico dunque, in base ai regolamenti statali ed europei, per poter essere certificato tale, deve subire un processo di verifica annuale da parte di determinati enti delegati direttamente dalla comunità europea.
Questo fa crescere il prezzo del latte biologico chiaramente, poiché i processi necessari a produrlo sono più costosi e più macchinosi, e chiaramente l’impossibilità di usare mangimi sintetici aumenta il costo per il produttore.
La domanda a questo punto sorge spontanea: c’è effettivamente un aumento di qualità che giustifica il rincaro di prezzo?
Esistono diverse ricerche al riguardo e una delle più recenti, finanziata dall’unione europea, ha tentato di comparare valori nutrizionali di latte fresco convenzionale e biologico, cercando di riassumere tutti gli studi precedentemente effettuati su questa materia tra il 1992 e il 2014.
L’analisi condotta è stata sia sistematica sia una meta-analisi di diversi studi precedenti, in cui sono stati comparati i contenuti nutrizionali del latte fresco biologico e di quello convenzionale. In generale, si sono presi in considerazione sia il latte di capra, di pecora e di bufala, ma la meta-analisi si è maggiormente concentrata su quello di mucca.
Diversi giornali inglesi hanno riportato i risultati, sottolineando però come i risultati possiedano un basso livello di affidabilità in quanto le diverse ricerche si espandono su un periodo di più di vent’anni, dove le tecnologie per valutare i valori nutrizionali, gli standard produttivi e i mangimi sono cambiati e non di poco.
Comunque i ricercatori hanno cercato di trovare un trend nei livelli nutrizionali del latte di mucca (prodotto sul quale è presente la maggior quantità di materiale) comparando i prodotti considerati biologici e non biologici.
I risultati hanno riportato diverse differenze tra i due tipi di latte:
- Grande quantità di acidi grassi nel latte biologico (migliore salute cardiovascolare)
- Grassi saturi e insaturi simili se non praticamente uguali;
- Grassi polinsaturi presenti in maggiore quantità nel latte biologico (conosciuti anche come omega 3, 6 e 9);
- Presenti livelli superiori di ferro e vitamina E nel latte biologico rispetto al tradizionale;
- Presenti livelli inferiori di selenio e iodio nel latte biologico rispetto a quello tradizionale;
È importante sottolineare come i ricercatori abbiano anche individuato diverse concentrazioni in base alla zona geografica europea, e questo dipende fortemente dal cibo che nutrisce le mucche e da come sono allevate (anche un fattore socio-culturale).
Secondo i ricercatori, in base ai risultati, passando alla produzione biologica si otterrebbe un miglioramento nella composizione dei grassi del latte. Nonostante ciò, hanno comunque ammesso che non sono presenti degli studi che sostengono che il consumo di prodotti biologici abbia un impatto preponderante nella salute dell’uomo o degli animali.
L‘ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), ha riportato recentemente (ottobre 2015) come il settore sia in crescita. Grazie ai dati forniti da Sinab (Sistema nazionale di informazione sull’agricoltura biologica del Ministero per le Politiche agricole) il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio, raggiunge oggi circa le 45mila unità, pari al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici.
Riguardo alla produzione di latte, la stima elaborata da Ismea parla, per il 2014, di un quantitativo totale superiore ai 300 milioni di litri per un valore alla produzione di 158milioni di euro, con un premium price riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte convenzionale.
Dalle analisi effettuate si può evincere che nel suo complesso gli italiani hanno speso per latte e derivati bio 100 milioni di euro nel 2014. Questa cifra pare sia destinata a crescere, ovvero ad avere un trend sempre più positivo anche per quanto riguarda i primi mesi de 2015, ma per questo periodo i dati non sono ancora disponibili.
Il trend è particolarmente sostenuto per quanto riguarda lo yogurt (+10,4%) accanto a variazioni positive ma meno importanti per formaggi e latticini (+2,1%) e latte fresco (+0,7% ).
Dalle indagini effettuate dall’Ismea è emerso che la maggior parte dei consumatori italiani riconosce una media dello yogurt e latte fresco bio, rispetto al convenzionale, rispettivamente del +30% e del +20%.