Una corretta alimentazione è alla base di una vita sana. La sempre più alta richiesta di prodotti agricoli, dovuta alla crescita demografica globale e alla contemporanea necessità che ha l’uomo di ridurre il consumo di carne, ha portato gli agricoltori ha far uso di fertilizzanti e diserbanti per accrescere la quantità di raccolti in modo da soddisfare la richiesta stessa.

Spesso però, questi due prodotti sono di origine chimica, a lungo andare sono dannosi per il terreno e ne limitano la produttività, nonché la qualità degli alimenti. Ecco perché negli ultimi anni è tornato in voga un componente in grado di fertilizzare in modo totalmente naturale, il biochar.

Cos’è il biochar?

Il biochar, o più comunemente il carbone di legna o carbone vegetale, non è un fertilizzante vero e proprio, ma viene classificato come ammendante del terreno. Se utilizzato migliora svariate qualità del suolo tra cui, la permeabilità, la porosità, l’aerazione e la capacità di trattenere l’umidità. Proviene dalla combustione della legna in presenza di una bassa percentuale di ossigeno.

Come si produce il biochar?

La tecnica più diffusa per la produzione di questo elemento permette di togliere la quantità corretta di ossigeno al processo di combustione della legna, in modo da evitare che il fuoco si spenga ma che allo stesso tempo prenda vigore e bruci la catasta di legna in pochi minuti. Quest’ultima è una pratica vecchia di 2000 anni e può permettere di convertire i rifiuti agricoli in un elemento in grado di esaltare le caratteristiche del terreno, aumentandone la presenza di carbonio, aumentando la sicurezza alimentare dei prodotti concimati e aumentando la biodiversità del suolo, scoraggiando allo stesso tempo la deforestazione.

Il processo crea un carbone a grana fine, altamente poroso che aiuta il suolo a conservare più a lungo e più efficientemente le sostanze nutritive e l’acqua. Il biochar si trova naturalmente nei terreni di tutto il mondo a causa degli incendi della vegetazione e delle pratiche di gestione di suoli sovra sfruttati.

Recenti studi intensivi delle terre scure ricche di biochar in Amazzonia, chiamate anche Terra Preta, ha portato ad un più ampio apprezzamento di proprietà uniche del biochar: pare che queste terre abbiano capacità autorigeneranti, crescendo al ritmo di 1 cm all’anno per millenni.

Attraverso l’utilizzo di queste terre a impatto zero sembra quindi possibile rendere produttivi terreni tradizionalmente poveri ed espandere le aree di foresta pluviale adatte allo scopo di fornire prodotti agricoli alle popolazioni locali.

Utilizzi principali del biochar

Il biochar può essere quindi uno strumento importante per aumentare la sicurezza nella fornitura regolare di prodotti alimentari e per diversificare il più possibile i terreni coltivati ​​in aree con suoli gravemente impoveriti e in cui le risorse organiche sono scarse, l’acqua è insufficiente e dove non si vogliono usare fertilizzanti chimici.

Migliora anche la qualità e la quantità dei prodotti stessi, aumentando la ritenzione di sostanze nutritive e agrochimiche del suolo; più sostanze nutritive rimangono nel terreno, meno sprechi ci sono, meno fertilizzanti chimici bisogna utilizzare, e ne guadagna quindi anche l’ambiente.

Dagli ultimi studi effettuati è risultato anche come il biochar può essere considerato uno strumento semplice ma molto potente per combattere il cambiamento climatico; il carbonio intrappolato nel biochar resiste al degrado del suolo per centinaia di migliaia di anni. Questo perché viene prodotto tramite pirolisi, un processo che riscalda la biomassa in assenza (o con una percentuale davvero molto bassa) di ossigeno.

Quindi, oltre a creare un esaltatore delle qualità del suolo, dal biochar trattato con delle pratiche sostenibili si è in grado di produrre sottoprodotti di petrolio e gas che possono essere utilizzati come combustibili, fornendo energia pulita e rinnovabile.

Quando il biochar è sepolto nel terreno come un fattore intrinseco nel suolo, il sistema suolo può diventare ad emissione di anidride carbonica negative, nel senso che la quantità di carbonio emessa in atmosfera è minima, e gran parte rimane intrappolata all’interno del suolo, portando benefici non indifferenti.

L’energia derivante da questo tipo di processi, uniti a tecnologie di carbon capture and storage (le quali attraggono l’anidride carbonica presente nell’aria e la stoccano all’interno di suoli stabili) potrebbero aiutare a spostare l’attenzione dall’utilizzo di combustibili fossili a favore di un elemento utile e non dannoso, che è inoltre in grado di ridurre le emissioni di protossido di azoto in ambiente.

La Terra Preta, ad esempio, è presente in massima parte nell’Amazzonia brasiliana, dove la sua estensione è stimata tra lo 0,1 e lo 0,3 % della superficie nazionale (fra i 6300 ed i 18.900 chilometri quadrati), sebbene alcuni autori valutino che le aree di Terra Preta coprano fino al 10% del Paese, un’area pari al doppio della Gran Bretagna. Se così fosse, il Brasile avrebbe accesso ad uno dei più promettenti elementi per affiancare sistemi di produzione di energia e coltivazione di prodotti agricoli.

Come si è visto, anche da alcuni utilizzi tradizionali di elementi ormai parte della quotidianità degli agricoltori, si possono apprendere nuove conoscenze e aumentare l’impatto benefico che hanno sulla nostra vita.

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