L’architettura sostenibile: cos’è
L’architettura sostenibile è quell’architettura il cui obiettivo è la minimizzazione degli impatti ambientali negativi dell’edilizia.
Per raggiungere lo scopo di ridurre tale impatto, l’architettura sostenibile – altresì detta: bioarchitettura o architettura bioecologica – si propone l’utilizzo di materiali e fonti energetiche secondo i principi della sostenibilità.
Per essere più precisi, quindi, possiamo dire che l’architettura sostenibile, più che un programma prettamente architettonico, è un approccio culturale di grande scala, olistico.
Nnon si riferisce cioè soltanto strettamente all’edilizia, ma include nel suo nucleo teorico e progettuale i principi dell’ecologia e, appunto, il concetto di sviluppo sostenibile.
L’architettura sostenibile: la sostenibilità
Dalla metà degli anni ’70 l’idea di un modello di crescita sostenibile si fece quindi strada in diversi ambiti, tra cui l’architettura.
Ma quando si parla di sostenibilità, cosa si intende di preciso?
Una definizione rigorosa del termine è stata stabilita nel 1991 dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature:
«…un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende».
Ancora più precisa è la definizione data nel rapporto Brundtland dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, che integrava il concetto di sostenibilità a quello dello sviluppo:
«Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali».
In questa definizione risalta l’implicazione di un bisogno di lungimiranza nella definizione del concetto di sviluppo: la sostenibilità non ha, insomma, soltanto a che fare con l’attualità, ma soprattutto si esplica nel suo rapporto con il futuro e le generazioni che abiteranno il pianeta che gli verrà consegnato.
In breve, il concetto di sostenibilità si regge su tre pilastri: l’esistenza di vincoli nell’utilizzo di risorse in un pianeta finito, ossia il riconoscimento che esiste una carrying capacity (capacità di carico) del mondo; la consapevolezza che il secondo principio della termodinamica impone dei limiti alle trasformazioni energetiche; infine, l’accettazione dell’ipotesi dell’economista Herman Daly, padre della teoria della sostenibilità, il quale sosteneva che l’uso di risorse non rinnovabili deve ridursi fino a quando verrà sostituito per intero da risorse di tipo rinnovabile.
L’architettura sostenibile: nella teoria
Oltre al principio della sostenibilità precedentemente considerato ed esposto, l’architettura sostenibile si fonda su altri tre motivi essenziali: l’ecobilancio, la compatibilità e il benessere.
Secondo il principio dell’ecobilancio vi è necessità, per l’architettura, di valutare l’impatto ambientale considerando ciascuna fase del ciclo di vita degli edifici progettati, dei suoi materiali e delle sue tecniche, analizzando le esternalità, cioè gli impatti dell’edificio nell’ecosistema, in spazi e tempi diversi. Ciò significa che un ecobilancio deve valutare nel tempo gli impatti ambientali relativi a tutta la durata dell’esistenza dell’edificio e anche oltre. Un ecobilancio adeguato deve inoltre considerare l’impatto generato nello spazio dall’insediamento edificato.
Per quanto riguarda la compatibilità, si tratta dell’integrazione dell’opera nell’ambiente. Il principio della compatibilità, insomma, insiste sul rapporto tra l’opera architettonica e la natura in cui viene edificato, consentendo al sistema di limitare al minimo gli sprechi dando priorità al bene comune anziché al profitto.
Infine vi è il principio del benessere degli abitanti. Lo scopo dell’architettura, infatti, come già suggerito nella breve storia profilata in precedenza, è di favorire il migliore stato psicofisico degli abitanti dell’ecosistema edilizio preso in considerazione.
Secondo questo principio l’edificio non è considerabile indipendentemente, come fosse un sistema chiuso; l’edificio non è slegato dal contesto in cui è inserito, ma è parte di un sistema interattivo i cui elementi interagenti sono, oltre agli abitanti e all’edificio, gli elementi naturali e quelli sociali.
A questi principi soltanto recentemente si sta aggiungendo quello dell’estetica. Nei primi tempi del dibattito sulla sostenibilità ambientale dell’architettura, l’estetica era trascurata, nel senso che la si sacrificava in nome dell’efficienza del conglomerato.
Pensiamo ad esempio agli edifici riempiti di enormi pannelli solari: brutti, certo, ma in nome dell’efficienza e della sostenibilità. Oggi, però, considerato che il benessere psicofisico dell’abitante (terzo principio dell’architettura sostenibile) dipende in parte anche dalla sua valutazione estetica dell’edificio in cui vive, si tende a tenere a mente, nella progettazione architettonica, anche il fattore della bellezza.
L’architettura sostenibile: nella pratica
L’elemento tenuto in maggiore considerazione nella progettazione dell’architettura sostenibile è l’efficienza energetica nell’arco dell’intera durata della vita dell’edificio.
Affinché lo scopo dell’efficienza energetica sia raggiunto gli architetti utilizzano diverse tecniche tutte atte a ridurre il bisogno energetico dell’edificio, mentre in contemporanea si cerca di aumentare la loro capacità di catturare o generare energia. In questo senso, elemento chiave dell’architettura sostenibile è l’ottimizzazione nell’uso dell’energia sostenibile.
Gli architetti ricorrono a diverse strategie, passive o attive, per far sì che questa ottimizzazione sia realizzata.
Le tecniche passive, al contrario di quelle attive, non sfruttano strumenti meccanici o elettrici per raggiungere l’obiettivo della massima efficienza energetica.
Tra le strategie passive più sviluppate ricordiamo l’isolamento termico dell’edificio: infatti, un edificio in grado di trattenere calore è in grado, ad esempio, di non dissipare energia nel riscaldamento, guadagnandoci in termini di consumi.
D’altronde queste tecniche passive richiedono controbilanciamenti: nel caso di un edificio con un buon sistema di isolamento, si dovrà correlarlo a un sistema di ventilazione in grado di espellere l’aria inquinata accumulatasi negli interni.
Un altro esempio di strategia passiva è l’uso razionale della risorsa idrica, in modo tale che l’acqua piovana possa venire sfruttata per usi secondari.
Quando si parla di tecniche attive, invece, entrano in gioco strumenti e materiali in grado di generare energia grazie ai propri meccanismi.
E’ il caso, ad esempio, dei pannelli fotovoltaici, un dispositivo optoelettrico che grazie alle celle fotovoltaiche di cui è composto, è in grado di convertire l’energia solare incidente in energia elettrica.
Si ricorda che il pannello fotovoltaico non va confuso con il pannello solare termico, il quale è un accumulatore termico di energia solare – e quindi non serve alla produzione di energia, ma soltanto alla sua accumulazione per uso successivo.
L’architettura sostenibile: i materiali
Tra gli obiettivi dell’architettura sostenibile vi è, secondo il principio dell’ecobilancio, l’utilizzo di materiale facilmente recuperabile o smaltibile.
Infatti, tra i problemi dell’architettura moderna, vi è il fatto che molti degli elementi che utilizza per la costruzione degli edifici provocano un immenso dispendio di energia quando si tratta di recuperarli o smaltirli in seguito al loro utilizzo.
Pensiamo ad esempio alla difficoltà del riciclaggio dei materiali chimici adoperati nell’edificazione, o alla demolizione del cemento armato: in entrambe le situazioni si incorre alla produzione extra di energia, incentivando così consumi e sperperi.
L’idea che guida l’architettura sostenibile è quindi la considerazione che i materiali usati per l’edificazione non debbano essere valutati e scelti soltanto in funzione del progetto per cui sono concepiti: occorre prendere in considerazione l’aspetto del riuso e del riciclaggio dei prodotti già durante la progettazione, in modo che questi stessi prodotti possano venire riutilizzati nel caso di demolizione o mutamenti strutturali dell’edificio.
Tra i materiali più utilizzati nell’architettura sostenibile vi sono il denim riciclato, il linoleum, la lana di pecora, il bambù, l’argilla e pietre o rocce raccolte a “km 0”.
L’architettura sostenibile: esempi
Ma facciamo dei riferimenti a costruzioni recenti che hanno applicato i principi dell’architettura sostenibile le cui parole d’ordine, come abbiamo spiegato, sono soprattutto quelle di risparmio ed efficienza energetica tenendo conto del benessere psicofisico degli abitanti della struttura.
A tale scopo ci farà comodo una classifica stilata dall’AIA (American Institute of Architets) destinata a promuovere proprio la sostenibilità nell’architettura. L’AIA organizza ogni anno la COTE (Committee on the Environment), la quale premia i migliori dieci progetti più sostenibili al mondo.
Gli ultimi 10 progetti premiati al COTE: https://www.aiatopten.org/taxonomy/term/20/all/feed
Uno degli anni passati, il Clock Shodow Building, progettato ed edificato dalla ditta Continuum Architects, è è un esempio che può illustrare in concreto quanto detto finora.
Il progetto nasce per riqualificare una vasta area industriale di Milwaukee, negli Stati Uniti. Questo complesso industriale, data la grandezza e soprattutto la mancata considerazione della sostenibilità ai tempi della sua edificazione, è strutturato in modo tale da rendere difficile gestire le numerose variazioni di temperatura e umidità che si verificavano negli interni.
Gli architetti, per la riqualificazione, hanno utilizzato diverse tecniche passive come i frangisole mobili per schermare il calore nei mesi estivi e consentire, nei mesi invernali, il massimo guadagno termico.
Ancora, attraverso una ventilazione naturale, sono riusciti quasi ad annullare la necessità di impianti di climatizzazione artificiale. Insieme, grazie ad un impianto geotermico hanno coperto per intero le esigenze di acqua calda.
Un altro progetto premiato è la New Norris House, un’abitazione unifamiliare di soli 1800 piedi quadri. L’edificio, progettato dagli architetti UT Knoxville, utilizza solo materiali naturali privi di componenti inquinanti, vetri tripli in grado di isolare l’abitazione senza rinunciare alla luce esterna.
Altri accorgimenti passivi sono le schermature solari, mentre, per fare un esempio di tecnologia attiva sostenibile, gli architetti hanno costellato gli interni di illuminazione al LED, dai consumi ridottissimi.
La Swenson Civil Engineering Building, una struttura della facoltà di ingegneria dell’Università del Minnesota, è stato premiato per la sua capacità di recuperare il 100% delle acque piovane.
Queste, grazie ad un particolare sistema sotterraneo di trattamento legato ad un processo di fitodepurazione e di filtraggio attraverso una serie particolare di rocce, rende possibile anche il riutilizzo di una percentuale di acque grigie.
L’architettura sostenibile, in conclusione:
Sempre più gli architetti sanno coniugare design, tecnologia e sostenibilità. Aumentano ovunque gli sforzi dediti a migliorare il rapporto tra uomo-natura tanto necessario in questo momento di crisi ambientale.
Insieme, gli architetti che sostengono la pratica della sostenibilità, danno un contributo positivo alla comunità che abita e vive gli edifici progettati. Certo, l’architettura sostenibile ha i suoi limiti, soprattutto nei termini della resa energetica e dei costi non-tecnici relativi alle procedure ammininistrativo-burocratiche, agli ancora limitati investimenti; ma la strada sembra essere in discesa grazie allo sforzo congiunto di persone impegnate in un settore dalle enormi potenzialità.
Noi tutti ci auspichiamo l’avvento di politiche favorevoli in termini di agevolazioni fiscali, in modo che l’architettura sostenibili si diffonda in maniera più rapida e solidale.
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