L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha pubblicato alla fine dello scorso anno una mappa che mostra la qualità dell’aria nelle diverse aree del mondo.

Secondo quanto esposto nello studio (https://who.int/mediacentre/news/releases/2016/air-pollution-estimates/en/) il 92% della popolazione mondiale, cioè all’incirca sei miliardi di persone, vive in zone in cui la qualità dell’aria è sotto gli standard fissati dall’organizzazione stessa.

WHO data

Nella mappa interattiva consultabile sul sito dell’OMS è visualizzabile l’esposizione della popolazione al particolato inferiore a 2,5 micrometri (PM2.5). La ricerca è stata effettuata dall’OMS in collaborazione con l’Università di Bath nel Regno Unito. Il modello creato si basa su dati derivati da misure satellitari, modelli di trasporto aereo e monitoraggio delle stazioni a terra per più di 3000 località, tra città e zone di campagna.

La vicedirettrice dell’OMS Flavia Bustreo spiega come “il modello mostra i Paesi in cui ci sono punti con un inquinamento atmosferico pericoloso, e fornisce una base per monitorare i progressi nella lotta“. Vediamo nel dettaglio le informazioni fornite dallo studio.

Oltre alla drammatica percentuale segnalata in apertura dell’articolo (quel 92% di uomini, donne, anziani e bambini soggetti ad un inquinamento atmosferico sopra la norma), lo studio stima in 3 milioni annue le morti possibilmente legate alla cattiva qualità dell’aria. I milioni di morti diventano 6,5 se si considera anche l’inquinamento dell’aria domestica.

Tenendo conto che ogni anno, in media, muoiono circa 60 milioni di persone, l’11,6% delle morti globali è riconducibile ad effetti derivati dall’inquinamento atmosferico, sia esso interno alle abitazioni e alle strutture pubbliche e private, sia esso esterno, cioè ambientale. Sia chiaro: l’inquinamento atmosferico non è attribuibile per intero all’intervento dell’uomo sull’ambiente: la qualità dell’aria non dipende soltanto, ad esempio, dall’immissione di gas nocivi di produzione umana nell’atmosfera, ma è legato anche a cause naturali come tempeste di polvere che, nelle regioni vicine ai deserti, sono tra le cause principali dell’inquinamento.

Per altro il 90% delle morti dipendenti dalla cattiva qualità dell’aria avviene proprio in paesi con redditi medio bassi, come appunto le zone desertiche africane. In queste, per la bassa densità della popolazione, le morti non sono molto elevate, ma la qualità dell’aria è tra le peggiori. Altre zone a basso reddito, ma al contrario delle zone desertiche ad alta densità abitativa, sono i paesi del sud est asiatico e quelli delle regioni del pacifico occidentale.

Il 94% dei decessi è riconducibile a malattie croniche, da quelle cardiovascolari all’ictus, dalla broncopneumopatia ostruttiva agli ormai diffusissimi tumori ai polmoni. C’è poi da tenere in considerazione che l’inquinamento atmosferico, sottolinea lo studio, aumenta grandemente il rischio di infezioni respiratorie acute. Ovviamente l’incidenza delle malattie derivanti dall’inquinamento è maggiore nei soggetti più fragili costitutivamente: donne, bambini e anziani. E’ la stessa Flavia Bustreo a specificarlo, aggiungendo che “per essere in buona salute, le persone devono respirare aria pulita dal primo respiro all’ultimo”.

La maglia nera in termini di vite umane per l’inquinamento spetta alla Cina, che però, va evidenziato, ha intrapreso negli ultimi anni una linea green che punta al rinnovamento delle aree industriali inquinanti e alla limitazione delle emissioni di gas serra. Proprio gli impianti industriali sono tra le principali fonti di inquinamento, insieme agli impianti termici e i veicoli a motori, piaga del nostro tempo.

In Cina, nel 2012, più di un milione di persone sono morte per cause legate alla cattiva qualità dell’aria. A seguire, e si rimane nel continente asiatico, c’è l’India, con 621 mila vittime e la Russia, con 140 mila morti annui. Per quanto riguarda l’Europa la maglia nera spetta all’Ucraina: 54 mila morti. Tra le nazioni coi cieli più cupi vi è la Polonia (26.600 morti all’anno), la Germania (26 mila), ma anche il nostro Bel Paese.

Situazione in Italia

In Italia ben 21 mila decessi sono attribuibili all’inquinamento atmosferico. S’intende: come sempre il nostro paese presenta frammentazioni territoriali: si passa dalla pessima qualità dell’aria nella Pianura Padana alla respirabilità sarda, sicula e calabrese. Per quanto riguarda le città, a Milano l’aria è decisamente poco respirabile, mentre nella Capitale si sta molto meglio. I bollini neri, comunque, spettano alle città in Padania.

Ora, è vero, stanno aumentano le regolamentazioni, i divieti e i controlli; aumenta l’interesse internazionale nei confronti delle limitazioni alle emissioni nocive; ma, come è evidente dalla mappa pubblicata dall’OMS, tutto questo non è ancora abbastanza.

Esistono, però, soluzioni: “Un’azione rapida per affrontare l’inquinamento atmosferico non sarà mai abbastanza veloce” spiega un partecipante dello studio, ma “le soluzioni esistono: il trasporto sostenibile nelle città, la gestione dei rifiuti solidi, l’accesso a combustibili ‘puliti’ in casa, così come le energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni industriali“.

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