Fino a pochi anni fa il controllo ambientale del suolo era svolto in un’ottica antropocentrica, cioè la valutazione della qualità del suolo puntava a stabilire possibilità e rischi in funzione dello sfruttamento del suolo da parte dell’uomo.
Solo recentemente tali sistemi di controllo sono stati affiancati da sistemi di tipo biologico. I sistemi di monitoraggio biologico del suolo si basano sul presupposto che un organismo, essendo il prodotto dell’ambiente in cui vive, fornisce indicazioni ben precise sulle caratteristiche del suo habitat e, perciò, può essere impiegato efficientemente come indicatore ambientale.
Quando il suolo presenta disfunzionalità e degrado, le comunità organiche utilizzate come indicatori segnalano il problema riducendosi in numero o scomparendo del tutto. Uno dei metodi più in voga attualmente è quello che considera i vari microartropodi costituenti una comunità del suolo e che, estraendoli del suolo e studiandone la composizione, valuta la Qualità Biologica del Suolo (QBS-ar).
L’Indice di Qualità Biologica del suolo per mezzo dei microartropodi è un metodo proposto dal professor Vittorio Parisi in collaborazione con l’Università di Parma, nei primi anni 2000. L’indice si basa sul concetto di forma biologica, un termine che indica l’adattamento anatomico di un organismo alla vita nel suolo: se l’ecosistema-suolo non è disturbato da attività antropiche degradanti, nel suolo tenderanno ad essere presenti molti gruppi particolarmente adattati alla vita.
Se il suolo, al contrario, subisce impatti rilevanti, i gruppi più adattati al suolo tenderanno a scomparire e resteranno solo quelli meno adattati. Dopo che gli organismi vengono estratti dal suolo tramite un estrattore Berlese-Tulgren, ai gruppi sistematici presenti è assegnato un punteggio (l’EMI: l’Indice Eco-Morfologico) che va da un minimo di 1 ad un massimo di 20, a seconda che la forma vivente considerata sia pochissimo o decisamente adattata al suolo. Una volta identificati tutti gli EMI la loro somma darà il valore di QBS-ar, ossia la qualità biologica del suolo (non assoluta, ma relativa al metodo di indagine). Valori alti di questo indice segnalano, ovviamente, una buona qualità biologica del suolo.
Il metodo, nonostante sia sempre più utilizzato, secondo gli esperti è passabile di miglioramenti e perfezionamenti. D’altronde, rispetto ad altre matrici metodologiche, la ricerca e l’applicazione di strumenti biologici mostra un notevole ritardo, imputabile soprattutto alle carenze conoscitive sugli ecosistemi del suolo e sui loro singoli componenti.
Il monitoraggio biologico del suolo è ancora agli inizi: ma c’è un ampio margine di progressione.
Che cos’è il suolo
Il suolo è lo strato più superficiale della crosta terrestre: è il sottile involucro che ricopre il substrato roccioso del nostro pianeta – ed è infatti dall’alterazione di questo stesso substrato, chiamato roccia madre, che deriva, per azione chimica, fisica e biologica, il suolo.
Nonostante quest’involucro sembri star lì, morto e disorganico, il suolo è un sistema dinamico che svolge numerose funzioni, soprattutto ecologiche: il suolo, infatti, assicura la continuità della vita sulla Terra e la salute del territorio, giacché fornisce cibo, biomassa e materie prime agli organismi che lo vivono.
Dalla crescita della vegetazione spontanea alle forme di vita, quali microrganismi e insetti, molte specie dipendono dalle funzionalità del suolo, che pertanto, per essere efficiente e valevole, deve conservare l’equilibrio naturale da cui dipendono le sue prestazioni.
D’altronde il suolo è vitale non solo alla microfauna, ma l’uomo stesso ne dipende in maniera essenziale: il suolo permette la crescita delle colture agricole e l’allevamento del bestiame; inoltre nel suolo si completano i cicli dell’azoto, del carbonio e del fosforo che, nonostante la poca fama, sono fondamentali per tutti gli esseri viventi del mondo.
Tutte queste funzioni sono troppo spesso date per scontate o ignorate e i prodotti del suolo sono ritenuti sempre disponibili e abbondanti: ciò comporta un’indifferenza generalizzata per le sue condizioni.
Quest’indifferenza è soprattutto dovuta al fatto che il degrado del suolo, sfortunatamente in atto in molte zone del pianeta a causa soprattutto dell’intervento affatto sano dell’uomo sull’ambiente che abita, è un processo lento che raramente comporta effetti tragici immediati, mostrando solo nel lungo periodo gli effetti collaterali della sua distruzione.
Il degrado del suolo
Il degrado del suolo comporta il dissesto dei servizi forniti da esso all’ecosistema, servizi dovuti principalmente all’attività degli organismi viventi che lo popolano.
Essi svolgono infatti un ruolo primario nei processi di formazione del suolo (la pedogenesi), nella successione ecologica, nella decomposizione e trasformazione della sostanza organica e, come già accennato, nei cicli di carbonio, azoto e fosforo; inoltre dai microrganismi abitanti del suolo dipende il rilascio di quei micronutrienti necessario alla sopravvivenza di piante e altri organismi (e perciò diciamo che dal suolo dipendono le colture, gli alberi, l’allevamento).
Infine il suolo coi suoi microrganismi svolge un ruolo primario nell’attenuazione della contaminazione chimica e biologica e nella conservazione del patrimonio genetico. Ora: dal momento che il suolo è una risorsa non rinnovabile nel breve periodo e dato che è estremamente fragile, i processi degradativi vanno a minare le funzionalità vitali del suolo nei confronti degli esseri viventi.
La strategia tematica per la protezione del suolo individua otto minacce in grado di compromettere irrimediabilmente le funzioni del suolo: compattazione, contaminazione locale e diffusa, erosione, perdita di sostanza organica, impermeabilizzazione, salinizzazione, diminuzione della biodiversità e, infine, la desertificazione intesa come ultima fase del degrado.
Queste minacce, pur potendo anche dipendere da fenomeni naturali quali frane ed erosione, sono essenzialmente legati all’antropizzazione, cioè all’intervento umano sul territorio.
Le scorrette pratiche agricole e forestali, le attività industriali concentrate in zone localizzate, lo sviluppo urbano senza freni, l’insostenibilità di alcune attività, turistiche o quant’altro, per non parlare dei cambiamenti climatici in generale; tutto ciò comporta un degrado del suolo che si è imparato a tenere preventivamente sott’occhio, in modo che sia più facile arginare gli effetti collaterali derivanti dalla cattiva qualità biologica di esso.