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Siccità, Acque sotterranee sono l’85% del fabbisogno idropotabile italiano

Siccità acque sotterranee

Quest’estate verrà ricordata dagli italiani come una delle più calde della storia. Secondo alcuni dati, le temperature medie nella nostra penisola hanno superato quelle medie del deserto del Sahara nello stesso periodo.

Le conseguenze principali che hanno interessato il nostro territorio riguardano principalmente, come ogni anno, gli incendi spontanei (e non), ma si è presentata inoltre una vera e propria emergenza dal punto di vista del rifornimento idrico.

La siccità ha colpito in particolare la nostra capitale, Roma, una delle città più grandi d’Europa, dove vivono quasi 3 milioni di abitanti, ma anche centri minori, senza risparmiare molte aziende agricole.

Ecco perché l’interesse riguardo a questo tema, passando dai possibili rimedi fino alla prevenzione, è diventato sempre più alto.

L’aumento considerevole del numero di eventi meteorologici estremi, conditi da uno sfasamento delle stagioni e da una diversa distribuzione delle piogge durante l’anno, ci hanno fatto ben comprendere quali sono le conseguenze dirette del surriscaldamento della Terra.

A questo si aggiungono una rete idrica nazionale mal funzionante e uno spreco delle risorse esagerato. Se la polemica sul lago di Bracciano è nata, è anche colpa dei cosiddetti “acquedotti colabrodo”: secondo un dossier presentato da Legambiente Lazio, negli ultimi 6 anni a Roma le perdite sono quasi raddoppiate passando dal 27% del 2011 al 44,4% del 2016.

Avete capito bene, quasi la metà dell’acqua che parte dai vari bacini di raccolta, viene persa per strada mentre tenta di arrivare nelle case dei romani.

“Sembra che i gestori abbiano smesso completamente di investire nella manutenzione acquedottistica, e a fronte di ciò cerchino di emungere più acqua possibile dalle risorse naturali straordinarie del Lazio come il Lago di Bracciano”, commenta Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio.

In questo contesto, un dato che in molti non conoscono riguarda le acque sotterranee. Esse rappresentano di gran lunga la più consistente risorsa di acqua nel nostro paese, garantendo intorno all’85% del fabbisogno di acqua potabile totale delle nostre città e avendo un significativo peso anche per le industrie e per le aziende agricole.

La maggior parte deriva da pozzi statici (48%), mentre le sorgenti rappresentano il 37% del totale.

E’ chiaro a tutti che la ridotta quantità di pioggia caduta negli ultimi due anni ha influito negativamente sul rinnovo di queste risorse sotterranee, ma allo stesso tempo, ogni anno, sono circa 50 miliardi i metri cubi di acqua “nuova” che entrano nel sottosuolo.

Per darvi un termine di paragone, è un numero 10 volte più grande di tutta l’acqua presente nel Lago di Garda e di quella che il fiume Po rilascia nel mar Adriatico continuamente in 365 giorni.

Altre riserve, più profonde, non si rinnovano completamente nel tempo, ma sono formate da un volume d’acqua tanto maggiore che in teoria non ci dovrebbe far mai preoccupare della siccità.

Le caratteristiche idrogeologiche delle pianure e delle montagne fanno sì che il nostro paese disponga di un’abbondante risorsa, anche dal punto di vista economico, considerata anche la qualità elevata del’acqua rispetto a quella di fiumi, laghi o bacini artificiali.

L’utilizzo di queste risorse, per far sì che non esistano più casi estremi, dev’essere accuratamente studiata e una maggiore influenza del risparmio idrico deve diventare un’abitudine per gli italiani.

Esperti come gli idrogeologi già da tempo ci avvisano delle eventualità di uno sfruttamento troppo elevato delle acque, garantendo che un uso sostenibile delle risorse sotterranee assicurerebbe di evitare problemi come la siccità e di contrastare positivamente gli effetti del “Global Warming” e dell’intrusione marina.

Sostenibilità significa ad esempio essere in grado di non intercettare tutta l’acqua defluente dai fiumi per le situazioni d’emergenza, ma valutare un impiego simultaneo delle riserve sotterranee e dei corsi d’acqua naturali, in modo da non alterare gli ecosistemi fluviali.

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