Anno 2100: una terribile calamità naturale causa la perdita di centinaia di migliaia di piante presenti su tutto il Pianeta.
No, non è la trama del nuovo film di Steven Spielberg ma una (remota) possibilità di qualcosa che potrebbe accadere sulla Terra nei prossimi decenni.
Fate un bel respiro: al momento non abbiamo notizie di possibili calamità che dovrebbero colpire il nostro Pianeta da qui in futuro, ma c’è già qualcuno che ha investito in strutture di salvaguardia del mondo botanico.
Lo chiamano Global Seed Vault e si tratta di una banca dei semi che ricorda, almeno nel nome, quelle strutture delegate alla fecondazione assistita.
In realtà, ci riferiamo a una fortezza blindata realizzata sotto uno strato di permafrost che ha lo scopo di assicurare al genere umano il mantenimento del patrimonio genetico originale della botanica.
Il progetto finanziato dal governo norvegese
Questa enorme struttura si trova vicino alla cittadina di Longyearbyen nell’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago delle Svalbard in territorio norvegese.
Appena varcato l’ingresso, ci si trova di fronte a un tunnel di 120 metri di lunghezza scavato nella roccia che porta a tre camere interrate e isolate dal calcestruzzo con soffitti alti 6 metri e porte di acciaio.
Questo progetto è stato finanziato dal governo norvegese e ha visto la collaborazione del Fondo mondiale per le diversità delle colture e del Nordic Genetic Resource Center.
4.500.000: questo è il numero di semi che può contenere il Global Seed Vault. Questi vengono “conservati” in speciali pacchetti sottovuoto realizzati con un tipo di plastica particolare e argento.
Realizzato negli anni Ottanta in piena Guerra Fredda con lo scopo di garantire la conservazione delle sementi dalle radiazioni di una possibile esplosione atomica, oggi il Global Seed Vault riveste un ruolo di “protezione” dalla perdita accidentale di patrimonio genetico della botanica terrestre.
Oggi, infatti, il rischio è rappresentato dalla perdita del DNA originale di un vegetale, anche e soprattutto a causa della mano dell’uomo.
Se è vero che negli ultimi 50 anni, le pratiche agricole sono cambiate drasticamente e hanno consentito la produzione delle sementi su larga scala, è ancor più vero che la biodiversità non ha trovato giovamento in questo sfruttamento intensivo.
Alcuni numeri? Il 10% delle varietà di riso che la Cina utilizzava negli anni Cinquanta è utilizzato ancora oggi, mentre gli Stati Uniti hanno perso oltre il 90% delle sue varietà di frutta e verdura dal 1900.
Che semi contiene il Global Seed Vault?
Nel deposito ci sono donazioni arrivate da quasi 90 istituzioni e che rappresentano oltre 1160 codici genetici di quasi 6500 specie di piante.
La tribù dei Cherokee, la più grande fra i nativi americani, ha donato 9 tipi di semi diversi mentre dall’Italia sono arrivati 2 tipi di mais donati dal Giardino Botanico dell’Università di Pavia.
I semi custoditi qui dentro includono una varietà di colture di riso, grano e orzo, fagioli, soia, ceci, patate, avena, segale ed erba medica.
Tra gli ultimi arrivati troviamo semi di arachidi Bambara, noto anche come pisello dell’Angola, e una varietà di orzo comunemente utilizzato per la produzione di birra irlandese.
Una piccola curiosità: all’interno di questa struttura sono contenuti più semi di marijuana rispetto ad altre piante come mirtillo, asparagi o lampone.
Secondo alcuni dati raccolti, la Corea del Nord pare abbia inviato oltre 500 varietà di cannabis mentre gli USA, nonostante il grande utilizzo di questa sostanza, sono ancora a quota zero.
La prima richiesta di prelievo
Come detto in precedenza, lo scopo del Vault è funzionare come una banca: conserva i semi al sicuro e li restituisce in caso qualche paese ne facesse richiesta.
Il primo prelievo è avvenuto nel 2015 quando dei rappresentanti dell’Icarda, un centro per la ricerca agricola con sede ad Aleppo, ha richiesto di avere indietro alcuni campioni di frumento, orzo ed erbe del deserto.
Il motivo della richiesta? Una violentissima guerra civile che ha portato alla distruzione del deposito dell’Icarda a causa dell’invasione di alcuni guerriglieri.
La richiesta è stata accolta dal Vault che ha provveduto a inviare 100 buste di sementi su cui un gruppo di scienziati genetisti avevano sviluppato ceppi di frumento e orzo resistenti alle siccità. Questo ha permesso la “riattivazione” della produzione in territori più tranquilli situati tra Libano e Marocco.
Nel 2017, dall’Icarda hanno provveduto a saldare il “debito” versando un nuovo deposito degli stessi semi richiesti.
Perché la scelta delle Svalbard?
La motivazione per cui sono state scelte le Svalbard per la conservazione delle specie è dovuta, principalmente, alle basse temperature che per natura conservano meglio i semi.
A questo va aggiunto il carbone estratto sul posto che garantisce l’energia necessaria per le unità di raffreddamento che portano i semi a una temperatura compresa tra i -20 e i -30 gradi.
L’arcipelago è, inoltre, una delle zone più sicure al mondo sia da un punto di vista geopolitico (lontano da rotte commerciali e demilitarizzato) che da una visione naturale e morfologica.
Le isole, infatti sono lontane da ogni zona tettonica in movimento e l’altezza oltre i 100 metri di altezza mette al sicuro il Global Seed Vault anche da un possibile scioglimento dei ghiacci artici.