Occupano il 71% dell’intera superficie del globo e, sebbene in realtà, gli oceani possano essere racchiusi in un enorme bacino d’acqua che “abbraccia” isole e continenti, l’Organizzazione idrografica internazionale ha deciso di suddividerli per convenzione.

Oceano Pacifico, Atlantico, Indiano e Artico: sono questi i 4 ufficialmente riconosciuti sulla base delle divisioni operate dalle terre emerse continentali. Eppure, dallo scorso 8 giugno il Pianeta Terra può contare un altro oceano classificato ufficialmente dalla National Geographic Society.

L’Oceano Meridionale entra in questa classifica come quinto oceano presente sulla Terra ma, a differenza degli altri i cui confini sono legati alle masse continentali, questo è definito “solo” dallo scorrere della Corrente Circumpolare Antartica.

Da gelida propaggine a oceano riconosciuto

L’Oceano Meridionale, conosciuto anche coi nomi di Antartico, glaciale antartico e australe, è riconosciuto da decenni dagli scienziati ma non c’è mai stata un’intesa per portarlo sulle cartine geografiche o carte nautiche ufficiali.

La motivazione è insita nel fatto che questa “massa d’acqua” sia sempre stata considerata una propaggine gelida degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico anche e soprattutto a causa della mancanza di masse continentali che ne delimitano i confini.

Per quale motivo è stato scelto di includere l’Oceano Meridionale tra gli oceani riconosciuti ufficialmente? Sostanzialmente per tutelare l’unicità di questo bacino d’acqua che, grazie alla Corrente Circumpolare Antartica, è responsabile delle caratteristiche uniche degli ecosistemi presenti.

Dove si trova l’area che delimita l’Oceano Meridionale? Questa è formata dalla maggior parte delle acque a sud della latitudine di 60° S, esclusi il canale di Drake e il Mare di Scotia. Si tratta di una corrente nata 34 milioni di anni fa quando l’Antartide si staccò dal Sudamerica.

La corrente circumpolare viene alimentata dagli oceani vicini, scorre in un’ampia fascia da ovest verso est ed è caratterizzata da acque più fredde e meno salate rispetto a quelle che si trovano più a nord.

In realtà, tornando indietro nel tempo, l’ex Ufficio idrografico internazionale classificò l’Oceano Meridionale nel lontano 1937, ma nel 1953 fu costretto a ritirare la nomina per questioni geopolitiche.

In tempi recenti, prima dell’ufficializzazione della National Geographic Society, altre istituzioni hanno iniziato a identificare questa massa d’acqua come oceano a se stante come il Board on Geographic Names degli Stati Uniti e la National Oceanic and Atmospheric Administration.

Un riconoscimento per la sua specificità ecologica

Dalle colonne del sito nationalgeographic.it, Alex Tait geografo della National Geographic Society ha così descritto l’ufficializzazione dell’Oceano Meridionale tra i 5 oceani universalmente riconosciuti: “Da molto tempo l’Oceano Meridionale è riconosciuto come oceano a sé dagli scienziati ma, non essendoci mai stato un accordo a livello internazionale, non l’avevamo ancora identificato ufficialmente”.

Continua ancora Tait: “Questo passo della designazione ufficiale rappresenta l’ultima fase di un processo di riconoscimento della sua specificità ecologica”.

Non sono mancate le reazioni positive alla scelta della National Geographic Society come quelle della biologa Marina Sylvia Earle: “Anche se l’oceano in effetti è una massa d’acqua unica e interconnessa, mi congratulo con National Geographic per aver riconosciuto ufficialmente quest’area che circonda l’Antartide”.

L’Oceano Meridionale, in azione congiunta con la corrente circumpolare antartica (ACC), aiuta a proteggere migliaia di specie che si trovano unicamente in questa regione.

Questo zona comprende, infatti, ecosistemi marini unici che ospitano balene, pinguini e foche. Inoltre, l’Oceano Meridionale influisce in maniera diretta anche su altri ecosistemi come le megattere che si cibano del krill al largo dell’Antartide per poi emigrare più a nord al largo dell’America Centrale e meridionale.

Richiamando l’attenzione sull’Oceano Meridionale, la National Geographic Society spera di promuoverne la conservazione.

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