Quando soffia, il cielo è spesso carico di neve che volteggia e la visibilità, a volte, è ridotta al punto tale da essere impossibile vedere a un metro di distanza.
Il Buran, in Siberia come in Mongolia, è molto temuto, in quanto è persistente e possono trascorrere anche diverse settimane prima che si plachi la sua furia.
In estate si presenta come un vento caldo e secco e, spesso, scatena violente tempeste di sabbia.
Dove si forma il Buran?
Il Buran, più conosciuto in Italia come vento di buriana o semplicemente Buriana, si forma soprattutto in Asia e al di là dei monti Urali, fino alla regione autonoma cinese di Xinjiang, ma può raggiungere anche latitudini più basse.
In Italia, secondo l’allerta quanto comunicato dalla Protezione Civile, il Buran è arrivato nel 2018, portando con sé venti gelidi e neve che hanno colpito il centro e il sud Italia.
In questo caso, il Buran, seguendo le traiettorie orientali, ha aggirato la catena montuosa alpina evitando così la trasformazione in favonio.
Il favonio, sebbene sia classificato anch’esso come un vento di tipo freddo, è più caldo e secco. Inoltre, a causa del riscaldamento adiabatico, questo vento, al contrario del Buran, non provoca grandi cali termici.
Nel 2018 invece, il Buran, con la non trasformazione in favonio e il suo arrivo improvviso in Italia, ha causato non solo diminuzioni termiche inaspettate e consistente ma anche gravi disagi per via del ghiaccio e della neve.
Perché in italiano si chiama Buriana?
L’origine della parola italiana Buriana è sconosciuta, anche se gli esperti hanno avanzato diverse ipotesi: per alcuni il termine deriverebbe dalla parola slovena burja, con la quale viene indicata di solito la Bora.
Altri, al contrario, pensano che l’etimologia della parola derivi addirittura dal greco, ovvero dal termine Boreas, con il quale gli antichi Greci il dio del Vento del Nord, figlio del titano Astreo e di Eos, la dea dell’aurora.
È interessante però notare che, in entrambi i casi, la parola ha chiare origini indoeuropee.
Per quanto riguarda invece il termine originale, ovvero Buran, la genesi è meno incerta: buran infatti è una parola russa che deriva dal turco buragan, che significa letteralmente vento molto forte.
In Turchia, manco a dirlo, la radice Bor si trova in molte lingue minori, come quelle altaiche (quindi non indoeuropee), e ha come significato, in tutte le parole, volgere, trascinare o rivoltare.
Un chiaro riferimento agli effetti che provoca questo vento quando inizia a soffiare in Siberia, in Mongolia, in altre regioni dell’Asia o a latitudini più basse.
Quali sono state le conseguenze dell’arrivo del Buran in Italia e in Europa?
Il Buran, oltre che nel 2017 e nel 2018, ha colpito duramente l’Italia e l’Europa in altre occasioni, provocando non solo disagi e disservizi, ma anche decessi e l’isolamento di centinaia di paesi.
Nel febbraio del 1929, pochi anni prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, un’ondata straordinaria di freddo investì parte dell’Europa e dell’Italia.
In particolare, in Italia, dall’11 al 14 febbraio 1929 caddero 30 centimetri di neve a Roma, 20 centimetri a Napoli e ben 70 centimetri (un record già per quell’epoca!) a Bari.
Nel 1956, sempre nel mese di febbraio, l’arrivo del Buran non solo portò un’invasione di gelo in Italia, ma ad Anzola dell’Emilia fece scendere le temperature al punto tale da far sfiorare i -27 gradi sotto lo zero.
Nel 2012, dal 27 gennaio al 20 febbraio, il vento gelido della Siberia provocò l’evento meteorologico più grave della storia del XXI secolo: le temperature scesero in buona parte dell’Europa e nel Nord Africa, causando più di 650 morti e temperature che raggiunsero i -40 gradi.
Il 4 febbraio 2012, per la prima volta in assoluto nella storia, 20 centimetri di neve sono caduti ad Algeri (Algeria) e il Buran portò anche forti nevicate nel deserto del Sahara.