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10 anni di dieta mediterranea come Patrimonio Unesco

Sono passati 10 anni da quando la dieta Mediterranea è diventata Patrimonio dell’Umanità, un modello seguito a livello internazionale che ha sempre bisogno di essere recuperato e mai snaturato.

Era il 16 novembre 2010 quando la tanto amata e copiata dieta Mediterranea veniva incoronata come Patrimonio dell’Umanità. Un riconoscimento dovuto quando si parla di una tabella nutrizionale che vede solo l’impiego di alimenti sani ed equilibrati e condimenti delicati con una identità del tutto personale.

Per comprendere l’origine del termine bisogna fare un passo indietro agli anni settanta, quando i due scienziati Ancel e Margaret Keys hanno condotto uno studio in merito alle malattie vascolari: per la prima volta nella storia della medicina, venne rivelato che le regioni mediterranee italiane seguono una dieta in grado di donare alla popolazione longevità e salute.

È da considerare una vera e propria eredità degli avi che viene riconosciuta dalla Fao che aiuta a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 redatta dalle Nazioni Unite.

Il rapporto sulla dieta mediterranea

Poco prima del compimento dei 10 anni di questo importante riconoscimento è stato presentato il “Sustainable development in the Mediterranean – transformations to achieve the sustainable development goals (Sdgs)”, un lavoro svolto dall’Università di Siena e il Sdsn delle Nazioni Unite.

Il suo scopo primario è quello di analizzare tutti i livelli di avanzamento per gli obiettivi messi in agenda da parte dei 24 Paesi. Purtroppo la conclusione ad oggi non è stata positiva, infatti nessuno di questi è sulla strada giusta nonostante tutto il lavoro che è stato fatto.

Un fattore da prendere in considerazione è soprattutto il fatto che 95 milioni di persone siano in condizioni di obesità prediligendo l’abbandono della dieta mediterranea per adottare alimenti dolci, proteici e cibo spazzatura.

Angelo Riccaboni, Chair del Sdsn Med e Presidente del Santa Chiara Lab – Università di Siena ha evidenziato: “I risultati dello studio confermano le grandi sfide e le enormi opportunità che caratterizzano l’area del Mediterraneo. Abbiamo bisogno di uno sforzo collettivo per dare attuazione a una reale transizione verso la sostenibilità. E i consumatori devono esserne consapevoli: l’emergenza sanitaria legata al coronavirus chi ha ricordato quanto la nostra salute e quella dell’ambiente dipendono anche da quello che mangiamo“.

I principi primari della dieta mediterranea

Come è risaputo questa tipologia di dieta alimentare si basa su concetti primari che ad oggi sono ancora più attuali sia per ridurre l’impatto ambientale che per combattere l’obesità.

Il tutto si basa sulla stagionalità dei prodotti, biodiversità degli alimenti con regole che possono essere prese in considerazione anche da altri Paesi nel mondo.

La biologa nutrizionista Martina Donegani ha evidenziato che per noi italiani questi principi dovrebbero essere basilari: “La dieta mediterranea prevede tradizionalmente l’assunzione di cereali integrali, porzioni giornaliere di frutta e verdura, olio d’oliva come condimento, legumi, in misura minore latticini e uova, pesce azzurro e poca carne prevalentemente bianca“.

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