Sì, può sembrare strano, anzi, addirittura un po’ pericoloso, ma in Italia è possibile visitare le centrali nucleari dismesse.

I tour, che si svolgono nelle giornate di Open Gate, l’iniziativa promossa dal gruppo Sogin e cominciata nel 2015, mirano a condurre i visitatori in un mondo ancora sconosciuto e nascosto dietro le porte delle centrali nucleari che sono state smantellate.

I cittadini, così come le famiglie, le associazioni, i giornalisti e le parti interessate, accompagnati dai tecnici che ci lavoravano tutti i giorni in queste centrali, durante questi tour hanno la possibilità non solo di conoscere più da vicino le attività di smantellamento di una centrale nucleare, ma anche di vivere un’esperienza unica e di ripercorrere un pezzo della storia industriale del nostro Paese.

Ad oggi, dal 2015, più di 9000 visitatori sono entrati nel cuore degli impianti nucleari, scoprendo le tecnologie e i processi all’avanguardia utilizzati per il loro smantellamento.

Da un questionario, distribuito da Sogin durante l’edizione 2017 di Open Gate, è emerso che i visitatori sono rimasti molto soddisfatti per il progetto.

Il 92% dei partecipanti ha ritenuto che la visita fosse all’altezza delle sue aspettative, il 95% ha espresso un parere positivo sull’accoglienza e il 99% ha dichiarato che, in futuro, avrebbe voluto che quell’esperienza fosse riproposta.

Le visite alle centrali nucleari italiane dismesse vengono organizzate ogni due anni, durante un weekend di primavera, e grazie ai vari itinerari offerti, consentono anche ai bambini di età pari o superiore ai 6 anni di partecipare.

Le iscrizioni avvengono esclusivamente online tramite il sito ufficiale del Gruppo Sogin. Pandemia di Coronavirus permettendo, il prossimo Open Gate, con ogni probabilità, si svolgerà nel 2021.

L’Italia e l’energia nucleare: una storia controversa

L’Italia iniziò a produrre energia nucleare nel 1960, ma tutte le sue centrali nucleari furono chiuse nel 1990 in seguito al risultato del referendum italiano sull’energia nucleare e che vide la maggioranza degli italiani votare per l’abbandono del nucleare.

A partire dal 2018 l’Italia è diventata, insieme alla Lituania, una delle uniche due nazioni del G8 ad aver abbandonato completamente l’energia nucleare per produrre elettricità. E questo dopo aver avuto, sul suo territorio, diversi reattori attivi.

Un tentativo di cambiare rotta venne intrapreso, nel 2008, dal Governo Italiano di allora, che definì la scelta di abbandonare in nucleare “Un clamoroso errore, costato la bellezza di oltre 50 miliardi di euro.”

Claudio Scajola, il ministro italiano per l’Economia e lo Sviluppo, propose anche di costruire dieci nuovi reattori per aumentare la quota nucleare della fornitura di elettricità dell’Italia di circa il 25% entro il 2030.

Tuttavia, come già avvenuto con Chernobyl (uno dei disastri nucleari più catastrofici che la storia ricordi), l’evento cardine che portò alla chiusura di tutte le centrali nucleari in Italia, nel 2011 accadde l’imprevedibile.

L’incidente della centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, portò il Governo Italiano ad avviare una moratoria di un anno sui piani di rilancio dell’energia nucleare in Italia.

L’11 e il 12 giugno 2011 gli elettori italiani, tre mesi dopo il disastro di Fukushima (11 marzo 2011), approvarono un referendum per annullare i piani per i nuovi reattori.

Oltre il 94% degli elettori votò a favore del divieto di costruzione, e ci fu anche una partecipazione del 55% alle urne, che di fatto rese il voto vincolante e cancellò le future centrali nucleari che erano state pianificate negli anni precedenti.

Smantellamento delle centrali nucleari in Italia: la situazione

Le centrali nucleari italiane, attualmente, sono state smantellate, o sono ancora in fase di smantellamento, dal Gruppo Sogin, una società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La società è responsabile della gestione delle scorie nucleari, dello smantellamento e della decontaminazione delle centrali disattivate.

Sogin gestisce anche le scorie nucleari provenienti da altre applicazioni, come dispositivi medici e centri scientifici.

Il gruppo prevede inoltre la costruzione di un unico sito di stoccaggio per tutte le scorie nucleari, di cui circa il 70% provengono da quello che resta delle vecchie centrali nucleari italiane.

Questi materiali altamente radioattivi sono, ad oggi, ancora in fase di trattamento per ridurre il loro volume totale.

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