L’energia marina
Con energia marina, energia oceanica o energia pelagica si intende l’energia racchiusa in varie forme nei mari e negli oceani.
Esistono diversi tipi di tecnologie conosciute che cercano di sfruttare questi tipi di energia, considerati rinnovabili.
Le tecnologie sono principalmente di tipo fluidodinamiche, ossia sfruttano il movimento dell’acqua marina (esso sia rappresentato da una corrente, onde o maree), ricavandone energia meccanica che poi può essere trasformata in energia elettrica.
Alcune tecnologie invece sfruttano i diversi gradienti (termico e/o salino) e l’energia chimica in essi contenuta.
Sistemi di estrazione
I sistemi di estrazione sperimentati ad oggi sono:
Energie da fluidodinamica
- Energia delle correnti marine;
- Energia mareomotrice (detta anche più semplicemente energia delle maree);
- Energia del moto ondoso.
Energia da gradienti
- Energia talassotermica;
- Energia a gradiente salino.
- sollevamento di un peso in contrapposizione alla forza di gravità;
- la compressione dell’aria in opportuni cassoni e movimentazione di turbine in seguito alla sua espansione;
- movimento di ruote a pale;
- riempimento di bacini e successivo svuotamento con passaggio in turbine.
Energia delle correnti
La prima è definita come l’energia cinetica prodotta dalle enormi masse d’acqua in movimento che costituiscono le correnti marine o oceaniche. Le correnti marine a livello fluidodinamico, sono come degli immensi flussi d’acqua che possiedono caratteristiche fisiche meccaniche particolari.
Solitamente le correnti marine possiedono una densità diversa, sono caratterizzate da una direzione e velocità quasi costanti. Possono essere distinte dalle acque circostanti sia per la loro particolare temperatura e per la salinità.
In particolari casi sono identificabili anche a vista, per il colore o per la concentrazione di materiali sospesi. Ve ne sono di vari tipi ad esempio costiere o di mare aperto, superficiali o di profondità, stabili o stagionali.
Il principio per utilizzare l’energia dell’acqua marina è molto simile a quello utilizzato per sfruttare quella eolica. Il vento come l’acqua è un fluido, che con l’energia cinetica che possiede riesce a spostare pale e generare energia meccanica.
Queste pale sono studiate sia in generatori ad asse orizzontale (più adatti in regimi di correnti costanti, ad esempio quelle del Mediterraneo) o verticale (come le correnti di marea che cambiano direzione.
Nel nostro paese si trova uno dei siti più interessanti di energia da correnti marine: lo Stretto di Messina. Geograficamente il luogo è caratterizzato da correnti molto veloci (1.5m/s in media).
Generatori studiati appositamente, con pale particolari (che sfruttano la rotazione delle pale sia attorno al mozzo dell’elica sia attorno al proprio asse) ha dimostrato essere vantaggiosa e generatrice di ottimi risultati.
La commercializzazione di queste “pale marine” non è ancora cominciata, anche se gli studi che ne valutano la fattibilità rimangono, per la maggior parte, molto positivi.
Energia mareomotrice
L’energia mareomotrice è l’energia ricavata dagli spostamenti d’acqua causati dalle maree. Per marea scientificamente ci si riferisce al ritmico innalzamento e abbassamento del livello del mare, provocato dall’azione gravitazionale di luna e sole.
Solitamente ha un’ampiezza (dislivello fra alta e bassa marea) inferiore al metro, anche se è fortemente dipendente dalla zona e dalla configurazione del sito. Infatti in alcune zone del pianeta ad esempio, si verificano dislivelli elevatissimi (fino a 20m) ed è in questi luoghi che lo sfruttamento per ricavare energia è più interessante e sfruttabile.
Lo sfruttamento di questo tipo di energia risale già agli antichi, che costruivano dei “mulini a marea”: l’acqua veniva raccolta in piccoli bacini grazie a delle paratie. Al momento del deflusso l’acqua poteva essere convogliata attraverso un canale presso una ruota che muoveva una macina.
Oggi gli impianti utilizzano diversi metodi per sfruttare l’energia.
Alcuni esempi sono:
- Sollevamento di un peso in contrapposizione alla forza di gravità;
- La compressione dell’aria in opportuni cassoni e movimentazione di turbine in seguito alla sua espansione;
- Movimento di ruote a pale;
- Riempimento di bacini e successivo svuotamento con passaggio in turbine.
Quest’ultimo sembra dare i migliori risultati, nell’effettivo impiego. Il problema più importante allo sviluppo di tale tecnologia resta comunque lo sfasamento tra massima ampiezza di marea disponibile (la cui cadenza è prevedibile sulla base delle fasi lunari e solari) e domanda di energia nelle ore di punta.
Infatti nei giorni di insufficienza nell’afflusso d’acqua la produzione di elettricità cesserebbe. In Francia nei pressi di Saint-Malo esiste un grosso impianto di questo genere.
L’ultima tipologia descritta è dunque la più comune. Nelle centrali mareomotrici a turbina l’acqua genera energia sia mentre la marea si alza che mentre si abbassa. In un primo momento l’acqua viene convogliata in una serie di tunnel dove acquista velocità e fa girare turbine collegate a generatori.
Nella seconda fase l’acqua defluisce e invertendo la polarità dei generatori le turbine producono nuovamente elettricità all’interno dei tunnel. Queste particolari turbine vengono chiamate reversibili, cioè funzionanti con entrambe le direzioni di flusso.
L’unica centrale attualmente utilizzata e funzionante è quella di Saint-Malo in Francia. Situata sulla foce del fiume Rance, costruita tra il 1961 e il 1966, la centrale è capace di sfruttare una marea particolarmente ampia che arriva sino ai 13,5m di dislivello.
La portata raggiunge circa i 18000 metri cubi d’acqua al secondo, con una potenza massima erogabile di 240 MW. Ogni anno la centrale copre il 3% del fabbisogno elettrico della regione limitrofa (Bretagna Francese).
Le centrali mareomotrici hanno grossi limiti applicativi che sono:
- Il costo di installazione elevato;
- La difficoltà di collocazione (indicativamente, i siti idonei devono avere ampiezze di marea superiore ai 3 metri e topografia favorevole all’installazione);
- La discontinuità nella produzione (deve esserci richiesta al momento di produzione);
- L’erosione delle coste creata dalle centrali che modificano i flussi di marea;
- La tendenza alla sedimentazione all’interno del bacino (soprattutto se collocate alla foce dei fiumi);
- Il disturbo per l’ecosistema, in particolare per la fauna ittica.
Energia del moto ondoso
L’energia del moto ondoso consiste chiaramente nello sfruttamento dell’energia cinetica contenuta nel moto delle onde, da cui prende il nome. È ancora un’idea in fase di sperimentazione, ed è elemento di ricerca nel campo energetico in moltissime università mondiali. Il sistema di generazione elettrica che utilizza le onde è anche conosciuto con il nome di “cimoelettrico”.
Esistono diverse tecniche di sfruttamento del moto ondoso, e dunque diversi tipi di impianti cimoelettrici, basati su diversi principi fisici:
- Salto idrico: è basato sul passaggio delle onde in un canale di larghezza decrescente o mediante particolari rampe, in modo che le onde raggiungano altezze superiori. Questo rende possibile riempire un bacino in quota rispetto al livello del mare. Il principio è noto come concentrazione o focalizzazione delle onde. Grazie a turbine idrauliche l’acqua raccolta è trasformabile in energia elettrica durante il deflusso. il modello più noto ha una potenza di circa 4-7MW;
- Generatore a colonna d’acqua oscillante: è costituito da un impianto che raccoglie l’acqua che entra grazie al moto ondoso in una struttura cava (in genere una colonna in calcestruzzo, anche se può avere vare forme). il movimento delle onde può mettere in moto la colonna d’aria che sta sopra la superficie dell’acqua. La compressione e decompressione dell’acqua la fa fluire attraverso una turbina (solitamente turbina Wells in grado di ruotare sempre nello stesso verso indipendentemente dal verso del fluido che la attraversa) che collegata a un generatore, trasforma il flusso in energia elettrica;
- Sistemi a ondata: sono simili al generatore a colonna, ma la sacca d’aria è ancorata al fondo similmente a una boa, e il turbogeneratore risiede sopra questa sacca;
- Sistemi basati sull’ampiezza dell’onda: questi sono i sistemi più particolari: richiedono molteplici elementi che in base alla loro inclinazione dipendente dal moto ondoso, sono collegati a un generatore e trasformano il flusso cinetico in energia elettrica;
- Sistemi basati sul principio di Archimede: questi sistemi sfruttano il cambio di pressione che viene generato dall’aumento della colonna d’acqua soprastante una struttura sommersa (in questo caso ancorata al fondo marino). La struttura è quindi soggetta a cicli di compressione-decompressione dovuti a questa variazione ed esistono progetti pilota molto promettenti. La forma di alcuni di questi è simile a un grosso cilindro con un cappello mobile in senso verticale. Il sito di installazione deve avere come requisiti minimi fondali con 80-90m di profondità con onde di ampiezza di circa 5m.
Il generatore Pelamis è un famoso esempio sperimentato in Portogallo sono costituiti da strutture tubolari galleggianti ancorati al fondo marino. All’interno di queste strutture vi sono delle turbine messe in moto da liquido ad alta pressione che viene pompato da pistoni idraulici grazie al movimento relativo dei i vari scompartimenti galleggianti. Tali generatori generano energia con costanza, ma mostrano un ingombro non indifferente.
Energia talassotermica
È un tipo di fonte energetica che sfrutta le differenze di temperatura tra la superficie marina e le profondità oceaniche, nell’ordine delle centinaia di metri. Generalmente la prima è decisamente più calda, e questa differenza di temperatura può essere trasformata in una forma di energia. È anche conosciuta come OTEC, acronimo per Ocean Thermal Energy Conversion.
Il principio di funzionamento è simile a quello di una centrale a vapore: utilizzando un fluido che evapora alla temperatura dell’acqua di superficie (es. 25-28 °C come ammoniaca o fluoro), il vapore in pressione mette in moto una turbina, passa a un condensatore e torna allo stato liquido raffreddato dall’acqua del fondale (solitamente inferiore ai 10 °C).
Questo tipo di installazione ha grossi limiti, innanzitutto legati alla necessità di un sito adatto (le più adatte sono le zone tropicali), e il costo elevato dell’installazione.
Attualmente esiste un sistema in funzione nelle Hawaii, capace di generare 250 kW. Sono stati studiati sistemi più potenti fino all’ordine di qualche MW, ma ancora non sono stati utilizzati.
Energia a gradiente salino
Questo tipo di fonte energetica sfrutta la differenza nella concentrazione di sale tra l’acqua di mare e l’acqua dolce. Il principio di funzionamento è basato sull’alta concentrazione di sali disciolti nell’acqua marina rispetto a quella dolce.
Opportunamente separando l’acqua dolce dall’acqua marina, con una membrana, in corrispondenza della stessa si instaura un gradiente di concentrazione, il quale costituisce la forza spingente per il processo di produzione di energia.
A causa di tale gradiente, le molecole di acqua presenti nell’acqua dolce tendono naturalmente a trasferirsi nell’acqua salata, in modo da avvicinare le concentrazioni saline delle due soluzioni acquose.
Il sale invece non può oltrepassare la membrana nel senso inverso, in quanto la grandezza dei pori della membrana permettono solamente il passaggio delle molecole di acqua, che sono meno ingombranti.
Il movimento dell’acqua attraverso la membrana genera una variazione di pressione, che viene detta “pressione osmotica”. Tale pressione può essere utilizzata ad esempio attraverso una turbina per generare energia, che può essere successivamente convertita in energia elettrica.
Vennero realizzati i primi prototipi per sfruttare questa energia negli anni ’90. Esistono diversi impianti nel mondo con picchi di potenza fino a 2-4 kW.
I metodi per ottenere energia dal gradiente salino sono:
- L’elettrodialisi inversa (o RED, dall’inglese Reverse Electro Dialysis);
- La Pressure Retarded Osmosis (PRO);
- Il metodo capacitativo.
Tali procedimenti si basano sull’osmosi mediante membrane permeoselettive. L’unico prodotto di scarto di questo processo è acqua salmastra. Per questo è considerato completamente sostenibile.
L’efficacia della tecnologia dell’elettrodialisi inversa è stata confermata in prove di laboratorio. Un tempo il costo della membrana era un forte ostacolo, rendendo tale processo antieconomico. L’utilizzo di nuove membrane, più economiche, formate da polietilene modificato elettricamente, l’ha resa adatta per un potenziale uso commerciale.
Altri fattori da considerare per il miglioramento di tale tecnologia (in particolare nel caso dell’elettrodialisi inversa) sono:
- La formazione di biofouling in corrispondenza della superficie della membrana;
- La riduzione del coefficiente di trasporto di materia a causa delle particolari condizioni idrodinamiche del sistema;
- Lo svolgimento di reazioni di elettrodo;
- Lefficienza della membrana;
- La risoluzione delle problematiche che possono sorgere durante lo svolgimento del processo.
La quantità di energia ottenibile con questo procedimento è significativa. Si stima ad esempio che un impianto basato su tale tecnologia che sia collocato in corrispondenza della foce del Reno, produrrebbe 1 GW di energia elettrica, mentre nei Paesi Bassi, dove più di 3.300 metri cubi al secondo di acqua dolce sfociano in mare, l’energia potenziale è di 3.300 MW, in base a una produzione di 1 MJ/m3 d’acqua dolce.
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