Da qualche anno a questa parte gli amanti del vino – o presunti tali – si sbizzarriscono in una lotta che ha come oggetto la definizione da attribuire ai vari tipi di vini prodotti secondo tecniche differenti.

Questa guerra terminologica è dovuta al fatto che, come in tutti i settori agricolo-alimentari, anche nel mondo vinicolo produttori e agenti di marketing, seguendo la moda del momento, affibbiano impropriamente etichette “bio” ai propri vini, convinti – e a ragione – che il consumatore del 2000 sia molto vulnerabile di fronte all’etichettazione del prodotto.

Dal momento che il biologico impazzava e tuttora spopola nelle scelte dei clienti, i produttori, in assenza di normative e regolamenti, si adeguavano sfoggiando in copertina la rassicurante definizione “bio” che il consumatore finale desiderava e comprava.

Come però ha sottolineato Paolo Carnemolla, presidente di FederBio l’ambiguità del prodotto bio è un problema reale perché le “operazioni di marketing fanno leva sulla scarse conoscenze agricole e dei processi di trasformazione da parte del pubblico, e tentano al contempo di accreditare una nuova categoria di prodotto a scapito di altre”.

Queste furbe operazioni di marketing dal 1 Agosto 2012 sono illegali. Una nuova normativa europea approvata a grandissima maggioranza ha infatti stabilito rigorosamente cosa è bio e cosa non lo è.

Grazie al lavoro della Commissione Europea e con l’aiuto di associazioni ed esperti, è entrato in vigore, quel giorno del 2012, il Regolamento (CE) N. 203/2012, che, completando e integrando un vecchio quadro legislativo imperfetto (il reg. (CE) n. 834/2007), stabilisce norme dettagliate sulla vinificazione biologica aprendo le porte al “vero” settore biologico europeo e dandogli una solida base normativa da cui partire per promuovere un mercato finalmente legittimato. Ora il vino biologico ha una definizione precisa e nessuna cantina vinicola potrà fare far lustro di una categoria, quella “bio”, che prima della regolamentazione avvicinava il consumatore soltanto grazie alla mistificazione.

Ma cos’è, secondo il nuovo regolamento, il vino biologico?

Il vino biologico è un prodotto che deriva da un metodo di coltivazione che segue i dettami dei due regolamenti precedentemente citati. Secondo le norme contenute all’interno, nella coltivazione del vino biologico si deve escludere l’uso di antiparassitari o concimi chimici di sintesi.

Uno degli esempi che più chiariscono la differenza tra la coltivazione biologica e quella “classica” è la fertilizzazione dei terreni: nel caso di viticoltura biologica per abbattere l’utilizzo di sostanze chimiche devono venire impiegati concimi organici.

Ma ancora: nella produzione di vino biologico – e più in generale: nell’agricoltura biologica – si deve tendere alla riduzione delle risorse idriche e all’adozione di tecniche di coltura che prevengano gli attacchi parassitari in maniera naturale, per esempio agendo preventivamente e rinforzando le piante con concimazioni equilibrate in modo diretto.

Certamente il nuovo regolamento europeo non disciplina chiaramente tutti gli aspetti della produzione – e nemmeno la riduzione dei reflui di produzione, il riutilizzo degli scarti; non stabilisce limiti rigorosi nei metodi del packaging, un problema ambientale sottovalutato – ma la strada è quella giusta.

Soprattutto, seppure il regolamento non sia rigoroso per certi aspetti, per altri indica precisi limiti da seguire per poter considerare il prodotto “bio”: il nuovo regolamento CE n. 203/2012 ha infatti, ad esempio, posto delle chiare limitazioni per quanto riguarda solforosa totale ammissibile per i vini biologici: nel caso dei rossi secchi c’è un massimale di 100 mg/l, mentre per i bianchi è di 150 mg/l.

In generale possiamo dire che il vino è biologico soltanto quando, durante la coltivazione dei vigneti non si è fatto uso, come abbiamo già accennato, di sostanze chimiche di sintesi (diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pesticidi) e soprattutto non si sono impiegati Organismi Geneticamente Modificati.

Tanto basta per escludere dal mercato del biologico una grossa fetta di prodotti che si beffavano dei clienti insignindosi di una targa che non meritavano.

La nuova normativa

Il nuovo regolamento va incontro alle richieste di quei vigneti e di quelle cantine che, al contrario, rispettano e fanno propria l’etica biologica.

In seguito all’approvazione del regolamento, nuovi viticoltori biologici potranno testare e sperimentare sui propri prodotti, entro i limiti della normativa, le possibilità offerte dall’agricoltura biologica, coerentemente agli interessi che i consumatori esprimeranno.

Soprattutto, ora che una normativa vi è, incentivi e programmi di finanziamento pioveranno su quei ricercatori vinicoli che vorranno approfittare di questa “congiuntura biologica” favorevole.

D’altronde il numero dei progetti di ricerca è già in crescita, non è soltanto una prospettiva. E l’aumento costante di questi progetti indica un ottimismo circa la crescita del settore, poiché in seguito alle delibere europee e agli evidenti interessi dei consumatori, la fetta di mercato del settore dei vini biologico non può che ingigantirsi, facendo decollare un mondo, quello del “bio”, che aspettava soltanto la politica per sfondare, in maniera corretta, la porta del mercato.

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